Geologia e geomorfologia dell'alta Val d'Agridi Antonio Priore
La disposizione morfologica, le caratteristiche geografiche, le risorse energetiche qui disponibili hanno fatto sì che nell’alta Val d’Agri si insediassero in varie fasi preistoriche e storiche diverse comunità umane che, sviluppandosi nel corso dei secoli, hanno dato vita all’attuale assetto della valle. L'impatto dell'uomo nella Val d'Agri ha conosciuto un’importante accelerazione negli ultimi cento anni, quando si è intervenuti con sostanziali opere di ingegneria soprattutto lungo l’asse fluviale dell’Agri, arginando il fiume e creando una grande diga (150 milioni di metri cubi) che raccoglie e garantisce tutt’oggi, con il Lago della Pietra del Pertusillo, notevoli quantitativi d’acqua nei periodi di magra. Nonostante questi imponenti interventi, è comunque ancora possibile leggere, nella geologia e nella geomorfologia del territorio, le motivazioni che hanno indotto l'uomo a sceglierlo come area di grande interesse per l'insediamento e lo sfruttamento del suolo.
Inquadramento temporale: il tempo geologicoLe ere geologiche più salienti che hanno caratterizzato l’evoluzione della valle dell’Agri sono state:
Inquadramento spaziale: la geografia del luogoUno sguardo generale su questa parte della valle si ottiene dall’alto della collina su cui sorge oggi Grumento Nova, uno dei panorami più belli, pittoreschi e suggestivi della parte continentale dell’Italia meridionale. A nord-ovest la valle si allunga e si perde assottigliandosi verso i monti lontani di Brienza; a nord invece gli strati calcarei e silicei del gruppo del monte Volturino (1.836 metri) si innalzano in ampie volute verso il cielo e restano difesi dal nudo, gigantesco baluardo del monte di Viggiano (1.725 metri), che verso la valle precipita in erti scaglioni, mentre a oriente si perde gradualmente nelle dolci colline argillose e arenacee di Montemurro e di Spinoso; a sud-est un lungo succedersi di colline ondeggianti, dietro le quali si disegna con linee taglienti e s’inarca l’aspro dorso del monte Alpe (1.906 metri); a sud e a sud ovest s’assiepano montagne boscose, che si dilungano innalzandosi e s’adergano finalmente nelle cime nevose del Sirino, campeggianti sul fondo remoto (Giuseppe De Lorenzo, 1897). Così Giuseppe De Lorenzo, geologo lagonegrese vissuto tra il 1800 e il 1900, descriveva l’alta Val d’Agri, durante le sue peregrinazioni nei luoghi che furono siti di antichi bacini lacustri. L’alta Val d’Agri è ubicata sull’asse principale dell’Appennino meridionale, ed è definita da rilievi le cui quote si aggirano dai 1.200 metri dei Monti della Maddalena ai 2.005 metri del Monte Sirino. Essa è delimitata a nord-nord-est dal gruppo montuoso Calvelluzzo-Volturino-Monte di Viggiano-Sant’Enoc, a ovest dai Monti della Maddalena, a sud dal Monte Sirino e dal Monte Raparo, aprendosi verso est-sud-est dove per circa un centinaio di chilometri scorre il fiume Agri prima di sfociare nel mar Ionio. La valle si estende da sud-est verso nord-ovest per circa 140 chilometri quadrati, ed è larga massimo 12 chilometri, sviluppandosi nella piana alluvionale a una quota media di circa 600 metri sul livello del mare. L’area interessata dal sito archeologico di Grumentum si estende su di un pianoro posizionato sulla destra idrografica del fiume Agri, a una quota di circa 587 metri sul livello del mare ai piedi della collina su cui sorge il centro abitato di Grumento Nova e in prossimità del bacino artificiale del Lago della Pietra del Pertusillo.
La geologia dell’alta Val d’AgriLa Val d’Agri è una valle intermontana di età quaternaria a impostazione tettonica, delimitata da faglie bordiere dirette ad andamento appenninico, colmata da materiale detritico-alluvionale. La valle è definita da rilievi costituiti da formazioni geologiche di natura calcarea appartenenti alle Unità di Piattaforma Carbonatica in sovrapposizione alle Unità Bacinali Lagonegresi, costitute da formazioni calcareo-silico-marnose, e dalle Formazioni terrigene di natura arenaceo-conglomeratica e silico-marnosa che testimoniano lo smantellamento della neocatena appenninica e la deposizione dei sedimenti in posizione di avanfossa provenienti dal nascituro arco peninsulare. Nel Mesozoico, periodo temporale compreso tra i 245 e i 65 milioni di anni fa, questa porzione geografica si presentava completamente diversa da quella attuale e si avvicinava molto a paesaggi di tipo tropicale, con isole e penisole circondate da barriere coralline e da mari aperti anche piuttosto profondi. Le strutture geologiche che dominavano gli scenari ambientali della Tetide erano le Piattaforme Carbonatiche con mare basso e i Bacini in cui si sedimentavano le particelle prevalentemente di origine organica che flottavano nei mari. Successivamente, nel Cenozoico, tali strutture iniziarono a registrare le prime deformazioni dovute allo schiacciamento delle stesse tra i due continenti africano ed euro-asiatico che, a causa di importanti movimenti geodinamici, migravano il primo verso nord-est e il secondo verso sud-ovest. Oggi ambienti di piattaforma carbonatica molto simili a quelli del periodo mesozoico sono riconoscibili in aree geografiche come quelle presenti alle Bahamas e nel Mar Rosso. Lo schema geologico paleogeografico classico e semplificato presenta, da ovest verso est, alternanze di piattaforme e bacini, avendo almeno in questo settore geografico due piattaforme e due bacini tutti appartenenti alla placca africano-adriatica, ossia:
ma con la possibilità che ce ne fossero altrettante strutture sedimentarie anche di dimensioni più piccole posizionate in situazioni intermedie. In maniera esemplificativa la struttura appenninica ha una conformazione che è stata descritta e modificata dai diversi autori a seconda dei dati a disposizione e dei modelli scientifici di riferimento utilizzati. La sovrapposizione delle coltri di ricoprimento con vergenza adriatica costituisce la catena, mentre in posizioni più orientali (esterne) si sedimentano i depositi plio-quaternari in posizione di avanfossa. Successivamente, durante la fase tettonica più recente pliocenica-pleistocenica, e più precisamente durante la riattivazione medio pleistocenica, in regime estensionale, con la formazione di faglie bordiere orientate 120° a nord, si è avuta la formazione di numerose depressioni tettoniche intermontane, tra le quali quella del bacino della Val d’Agri. La valle è riconducibile a un basso strutturale riempito da una successione prevalentemente alluvionale dello spessore anche di alcune centinaia di metri. La tettonica, qui, ha rivestito un ruolo preponderante, creando le condizioni per far sì che si impostasse la valle in parte colmata da un bacino lacustre nel periodo plio-pleistocenico, con i relativi fenomeni di riempimento sedimentario e le conseguenti fasi di erosione e di incisione fluviale che condizioneranno sempre più la morfologia del luogo. La successione sedimentaria che la contraddistingue è definita da apporti di sedimentazione intervallati da processi di erosione, costituendo periodi di stabilità morfologica a periodi di dinamismo evolutivo. La sequenza sedimentaria del Bacino dell’alta Val d’Agri può essere sintetizzata in tre successioni sedimentarie principali: un intervallo basale costituito prevalentemente da livelli pelitici, e da due intervalli successivi alimentati da apporti sabbioso-ghiaioso-conglomeratici derivanti dallo smantellamento erosivo dei rilievi circostanti. Gli areali di deposizione possono essere distinti in domini di conoide disposti nel settore settentrionale e domini di piana alluvionale nel settore meridionale. Studi geologici recenti hanno infatti confermato che nel corso del Pleistocene inferiore-medio si sono avuti sollevamenti di circa 0,5-1,2 millimetri l'anno, corrispondenti alla media appenninica di circa 1 millimetro l'anno. La successione stratigrafico-sedimentaria del Bacino della Val d’Agri è il frutto dei processi deposizionali ed erosionali, con la possibile formazione di paleosuoli. Il modellamento dei paesaggi è caratterizzato da una fluttuazione ciclica delle oscillazioni climatiche, che hanno portato alla creazione di fasi di alluvionamento dalla diversa durata intervallate da lunghe fasi di stabilità in cui si sono creati i suoli. Nella valle durante il Plio-Pleistocene era presente anche un’area lacustre, la cui soglia di sbarramento coincideva all’incirca con l’attuale diga del Lago del Pertusillo. Come dimostrano molti reperti zoologici, nella valle erano presenti anche animali, quali l’Elephas antiquus e il Cervus elaphus, ormai scomparsi. Tale soglia di chiusura a est, alla fine del Pleistocene superiore, venne incisa dall’erosione progressiva del fiume Agri che portò allo svuotamento dell’area lacustre e alla creazione lungo l’asse fluviale dei terrazzi morfologici olocenici. L’erosione e la formazione dei terrazzi è ben evidente soprattutto percorrendo la valle da est a ovest, e va riducendosi progressivamente verso la sorgente del fiume Agri, dove si registra comunque un sollevamento, sebbene non così consistente come nella parte bassa dell’alta Val d’Agri.
La geomorfologia dell’alta Val d’AgriLa Val d’Agri si presenta prevalentemente pianeggiante, la sua regolarità è interrotta da conoidi di deiezione e incisioni fluviali, a testimonianza dell’attività di sollevamento dell’area e dell’erosione dei versanti, e da colline e rilievi di modeste dimensioni prevalentemente calcarei del substrato emergenti dalla piana, resti delle antiche strutture sedimentarie. I conoidi alluvionali sono soprattutto riconoscibili alla base dei versanti meridionali del gruppo montuoso del Volturino-Monte di Viggiano e testimoniano le fasi di maggiore erosione degli stessi da parte degli agenti atmosferici e di ben precisi andamenti climatici. La porzione dell’alta Val d’Agri situata in prossimità della soglia di sbarramento del paleolago si presenta pianeggiante, ma incisa con terrazzi i cui bordi sono alti anche alcune decine di metri. È proprio su uno di questi terrazzi completamente bordato da un ciglio di scarpata che si colloca il sito archeologico di Grumentum. La sequenza stratigrafica del bacino dell’alta Val d’Agri, caratterizzata da tassi di sedimentazione differenziabili in apporti di piana e di conoide alluvionale, ha costituito notevoli pile sedimentarie alternate da paleosuoli, testimonianze di periodi climatici caratterizzati da stabilità ambientale, intervallati da eventi di sollevamento e quindi di erosione nel corso del Quaternario. Alla fine del Pleistocene superiore si registra un tasso di erosione maggiore rispetto a quello di sedimentazione che determina l’incisione della soglia da parte del fiume Agri e l’incisione dei sedimenti di piana alluvionale mettendo la sequenza sedimentaria a giorno su scarpate ripide che costeggiano lo stesso asse fluviale. Nel periodo olocenico, l’incisione dei depositi alluvionali dette inizio alla formazione dei terrazzi morfologici determinati all’interno della successione stratigrafica di età pleistocenica.
Sono di fatto numerose le aree i cui toponimi recano la testimonianza di eventi alluvionali violenti, soprattutto lungo gli assi idrografici principali, sui quali si sono riversati in maniera violenta spesso detriti provenienti dalle tracimazioni degli stessi. Tali aree, in qualche modo, inducevano a evitare la costruzione delle strutture viarie principali. Da queste considerazioni si è risaliti alla definizione di un possibile tracciato della via Herculia in Val d’Agri. La pianura, soggetta a fenomeni di alluvionamento e a vere e proprie fasi di piena nel periodo romano, non presentava molti siti idonei alla presenza dell'uomo; molte delle aree a monte del sito principale si potevano infatti immaginare alluvionate, paludose o acquitrinose. L'area di Grumentum, invece, nonostante fosse situato in pianura, godeva della protezione del terrazzo morfologico, alto anche alcune decine di metri sul livello dei torrenti Sciaura a ovest, Maglie a est e sullo stesso Agri a nord, e soprattutto era ubicato lontano da aree malsane. La collocazione favorevole permise agli abitanti del sito di sviluppare un tessuto urbano privo di condizionamenti di carattere idrogeologico e geologico, godendo di una naturale barriera protettiva, visto che i pendii che delimitano l’area si presentano anche piuttosto ripidi. L’uso del suolo è in prevalenza a seminativi asciutti e irrigui, subordinatamente incolti.
L’idrogeologia dell’alta Val d’AgriCaratteristiche di notevole importanza dell’alta Val d’Agri sono la presenza di una falda acquifera piuttosto rilevante ma profonda e la disposizione lungo i versanti orientali dei Monti della Maddalena di sorgenti con portate considerevoli. Esse hanno costituito già ai tempi dei Romani, e costituiscono ancora oggi, un apporto considerevole per ciò che riguarda una delle risorse naturali più importanti per lo sviluppo di qualsiasi iniziativa antropica, l’acqua. La circolazione idrica del bacino dell’alta Val d’Agri può essere suddivisa in due tipi principali di circolazione: il primo attribuibile agli acquiferi fessurati e/o carsici alloggiati nel suo substrato roccioso pre-quaternario e il secondo ad acquiferi porosi impostatisi nella sequenza sedimentaria quaternaria che costituisce il deposito di riempimento. Gli acquiferi fessurati presenti prevalentemente nelle dorsali carbonatiche ricoprono un ruolo più importante rispetto agli acquiferi porosi, che sono alimentati spesso dai primi e costituiscono comunque un importante sistema di immagazzinamento idrico sotterraneo. Lo sfruttamento delle risorse idriche nel passato è testimoniato dalla presenza dell’acquedotto romano ben conservato, che convogliando le acque di alcune sorgenti poste a valle del rilievo su cui sorge il centro abitato di Moliterno e il vicino centro abitato di Sarconi, alimentava il sito urbano di Grumentum. Lo sviluppo idrografico dei diversi assi fluviali che confluiscono tutti nell’asse principale del fiume Agri costituisce un importante sistema di alimentazione idrica superficiale, di sfruttamento ittico e forse anche come via di comunicazione e trasporto.
La sismicità dell’alta Val d’AgriLa dinamicità evolutiva della valle è testimoniata anche dalla sua sismicità, che ha coinvolto questo territorio numerose volte e con diversa energia. Basti pensare al forte terremoto del 16 dicembre del 1857, e alla relativa testimonianza dello studioso inglese Robert Mallet che, durante il suo viaggio in Val d’Agri e nel vicino Vallo di Diano, descrisse nei minimi particolari, logicamente con le nozioni scientifiche del tempo, l’evento catastrofico che coinvolse numerosi centri abitati delle due valli (Robert Mallet, Great Neapolitan earthquake of 1857. The first principles of observational seismology, Chapman & Hall, Londra, 1862). Le testimonianze a tal riguardo sono poche, ma da studi approfonditi su strutture antropiche, relativamente anche al periodo romano, emergono nuove indicazioni di eventi sismici che hanno coinvolto il territorio della Val d’Agri. Le indagini e gli studi di geofisica e storicità degli eventi sismici in Basilicata e in Val d’Agri mostrano una serie non ben definibile di eventi catastrofici, dal sisma del 300 d.C. (terremoto di Atella, nel Vulture), al sisma di Potenza del 1273, con notevoli salti temporali senza alcuna notizia tra un terremoto e l’altro. La sismicità della valle è fondamentalmente attribuibile alle faglie attive presenti nell’area. Le faglie sismogenetiche, strutture di debolezza della crosta terrestre, determinano spesso situazioni di pericolo causando terremoti di diversa entità. La Val d’Agri è, come già detto precedentemente, una depressione tettonica delimitata da faglie a direzione appenninica e faglie che interrompono le precedenti ad andamento antiappenninico. Le evidenze di tali strutture si possono seguire sui bordi della valle in maniera piuttosto netta, considerando soprattutto il cambio di pendenza tra i versanti e il fondovalle.
Bibliografia
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