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La cristianizzazione del territorio grumentino

di Gioia Bertelli

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Alla figura del martire Laverio è legato l’inizio del cristianesimo a Grumentum; di costui possediamo una passio in latino redatta da Roberto da Romana, diacono di Saponara (l’odierna Grumento Nova) nel 1162, da cui si evince che Laverio fu decapitato agli inizi del IV secolo, prima che Costantino di convertisse al cristianesimo, in un’area posta alla confluenza del fiume Agri con il torrente Sciaura e lì fu sepolto, presumibilmente nella necropoli di età romana che sorgeva a poca distanza dall’insediamento urbano. Il culto rivolto a Laverio fece sì che sopra la tomba del martire sia stata costruita una chiesa, rintracciata nel corso di recenti indagini archeologiche, che si articolava in tre navate, absidata, poi sostituita nel X secolo da una di dimensioni molto più ridotte, realizzata da Luca di Demenna (cfr. la scheda sul contesto sacro di San Laverio). La devozione rivolta al martire grumentino ha fatto sì che reliquie del suo corpo siano state traslate in altri siti vicini, come si legge nella passio di Roberto da Romana (Acerenza, Tito, Satriano, ma anche Tricarico, Teggiano nel vallo di Diano, Laurignano in area calabra) che lo ricordano il 17 di novembre.

Carta della regione di Grumentum. In rosso la strada suburbana; in giallo la strada urbana; in verde la strada Grumentum-Semuncla (via Aquilia?); in viola la via Herculea (dal GIS del territorio di Grumentum, a cura di F. Tarlano)La Lucania registra a partire dalla fine del V secolo l’esistenza di sedi vescovili a Potenza, Venosa, Acerenza e Grumento, siti situati soprattutto nella zona a nord ovest della regione e collegati da arterie stradali come la via Appia, la Herculia, la Popilia, la litoranea sulla costa ionica; prive invece di notizie relative alla presenza vescovile sembrano le zone centrali e l’area ionica. Grumentum viene ricordata all’epoca di papa Gelasio I (492-496) come affidata al diacono Quarto, nominato, per volere papale, da Sabino, vescovo di Consilinum; ancora in altre due epistole la sede appare affidata a un arcidiacono; come sede vescovile risulta citata per la prima volta in una epistola (558-560) di papa Pelagio I indirizzata al vescovo Tullianum, che si era rivolto al papa chiedendogli se accettava l’elezione del diacono Latino di Grumentum a vescovo della vicina diocesi di Consilinum-Marcellianum, secondo la prassi prevista dalla Chiesa romana; ancora nel 599 in un’altra epistola rivolta a Romanus, defensor del patrimonio ecclesiastico in Sicilia, papa Gregorio Magno menziona un certo Luminososervum sanctae Mariae, quod est parochiae ecclesiae Grumentinae, attestando in tal modo ancora l’esistenza della diocesi, la cui cattedrale era intitolata a Santa Maria.

I resti di una chiesa dedicata a Santa Maria Assunta sono ancora visibili in prossimità dell’anfiteatro romano; l’area non è stata ancora indagata, ma probabilmente l’edificio, che deve aver inglobato quello di età paleocristiana, era ancora in uso tra XIII e XIV secolo, periodo al quale sembra potersi attribuire un frammento di affresco con un volto di una santa rinvenuto nell’abside centrale.

Planimetria della chiessetta di San MarcoA San Marco era invece dedicata l’altra piccola chiesa identificata all’esterno dell’area urbana, ascrivibile al VI secolo; la struttura doveva articolarsi in tre navate, scandite da pilastri, conclusa a est da un’abside; avanti la facciata si disponevano, nello spazio definito lateralmente da due setti murari, alcune tombe di tipologie diverse: a cappuccina, a cassone in blocchi di pietra di riutilizzo di età romana, coperte da tegoloni, con divisioni interne per ospitare più deposizioni. Il rinvenimento di una moneta d’argento dell’imperatore Eraclio (610-641) in una delle tombe, in aggiunta ai pochi oggetti di corredo in ceramica che propongono forme comuni e ricorrenti tra VI e VII secolo in Puglia e in Lucania, permette di circoscrivere meglio il momento di frequentazione a scopi funerari della zona. Dall’area provengono tre bassi capitelli quadrangolari in pietra calcarea, realizzati reimpiegando lastre funerarie di età romana, simili per dimensioni (cm 70x70x24) e motivi decorativi. Su due lati opposti compare una semplice croce di tipo latino; sugli altri due un elemento gigliato centrale affiancato da due piatti caulicoli terminanti agli angoli in due volute arricciate; la resa e la scelta dei motivi ripropongono i decori presenti su un capitello proveniente da San Giovanni di Ruoti, della fine del V secolo. Probabilmente di provenienza grumentina è la lastra, spezzata inferiormente, decorata con il monogramma cristologico entro un clipeo formato da una corona fogliata affiancato da due racemi, databile entro il VI secolo, oggi reimpiegata sulla muratura esterna della cattedrale di San Giorgio nel vicino abitato di Marsiconuovo, che divenne sede vescovile verso la metà dell’XI secolo.

 

 


Copyright testo e immagini (ove non inseriti altri riferimenti) di Gioia Bertelli.