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Preistoria e Protostoria nell’alta valle dell’Agri

Salvatore Bianco, Ada Preite, Elena Natali

 

La valle dell’Agri, territorio denso di testimonianze della più antica età dell'uomo, si trova all'interno dell’Appennino lucano, che attraversa in direzione nordovest-sudest per circa 50 chilometri.

Per conoscere e comprendere i modi con cui l'uomo fece la sia comparsa e popolò questa fertile vallata è necessario concedere uno sguardo alla geografia del luogo, perché stretto e delicatissimo è il rapporto tra l'uomo, in queste primissime fasi della sua presenza sulla terra, e l'ambiente che lo accolse.

La valle dell'Agri è un territorio ampio e aperto nel tratto iniziale, stretto e tortuoso nel tratto mediano, dove si trova l’attuale bacino artificiale del Pertusillo; si amplia di nuovo, progressivamente, attraverso le formazioni della “collina materana”, nel tratto del medio-basso corso dell'Agri fino a immettersi nella piana costiera ionica di età olocenica. Un ruolo di grande importanza nel popolamento umano della valle fu svolto dal fiume Agri, che costituisce un’antica via naturale di collegamento tra i versanti ionico e tirrenico, utilizzata fin dalla preistoria come via di transito e di scambi commerciali e culturali.

Geofisica satellitare delle vallate fluviali della Basilicata. In evidenza, di colore verde, l’alta valle dell’Agri (rielaborazione grafica: Ada Preite, Elena Natali)Dal punto di vista della geomorfologia, ossia della forma del territorio, l’alta valle dell’Agri, corrispondente al bacino lacustre pleistocenico (ossia a un antico lago che si è prosciugato e trasformato in una superficie aperta), è un’ampia conca di forma ovale allungata. È delimitata da formazioni montuose (calcareo-silico-marnosa), oggi brulle, ma in antico ricoperte da boschi e sedi di insediamenti arroccati, situati in posizione strategica per il controllo del fondovalle e delle vie di comunicazione con gli adiacenti bacini fluviali.

L’alta valle, occupata dall’uomo fin dall’antichità e oggi intensamente coltivata per la presenza di acqua e per la fertilità dei terreni, ha visto sorgere dalla metà del secolo scorso numerosi abitati rurali, organizzati secondo il modello “sparso e lineare”, che si sono sovrapposti ai piccoli casali e masserie del XVIII - XIX secolo.
Le ricerche archeologiche, svolte nell’ambito della realizzazione dell’Oleodotto Monte Alpi-Taranto, hanno permesso di ridefinire il quadro cronologico e culturale del popolamento umano preistorico e protostorico dell’alta valle dell’Agri, evidenziandone il ruolo strategico ed economico svolto già in periodi così antichi. Ciò ha permesso l’inserimento di quest’area nel complesso delle manifestazioni ideologiche, culturali e materiali, che caratterizzano con aspetti ed esiti differenti le fasi preistoriche e protostoriche della Basilicata.

Tabella diacronica delle aree antropizzate dell'alta valle dell'Agri nel Neolitico, Eneolitico, Età del bronzo (elaborazione: Ada Preite, Elena Natali)


L’alta valle dell’Agri è frequentata dall’uomo già nel Paleolitico, ma un’intensa antropizzazione avviene solo dal Neolitico in poi. Resti di fauna fossile a grandi pachidermi (Elephas antiquus), sono noti dal territorio di Grumento Nova; simili a esemplari di altri bacini lacustri del territorio regionale (Venosa, Matera, Atella, Mercure), tali resti sono databili al Pleistocene medio, periodo durante il quale le oscillazioni climatiche hanno consentito la vita ai relativi insiemi faunistici, poi estinti.


Sito 14. Località Porcili (Viggiano, Potenza). Anse Diana e strumentario litico di selce e di ossidiana. Neolitico recente (foto E. Natali - Archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata)La presenza dell’uomo nell’alta valle è testimoniata solo dal Paleolitico medio, cui si riferiscono industrie litiche su scheggia e su lama di tecnica Levallois, rinvenute nei territori di Paterno, Moliterno e Marsiconuovo. Lo strumentario litico rimanda ad attività di caccia e di raccolta di piante spontanee e di molluschi fluvio-lacustri e di terra, quindi a gruppi umani dediti a un’economia di sfruttamento delle risorse naturali.
Il miglioramento climatico, già in atto nel corso del VI millennio a.C., consente il diffondersi anche nell’alta valle dell’Agri, di modelli e ideologie provenienti dal Mediterraneo orientale e dal mondo balcanico. Ciò contribuisce allo sviluppo delle culture neolitiche, distinte dalle precedenti paleolitiche e mesolitiche per l’adozione da parte dell’uomo di un’economia di produzione, basata sull’agricoltura e sull’allevamento, che progressivamente va a sostituirsi, anche se mai integralmente, a quella di sfruttamento.

Dalla fase antica a quella finale del Neolitico (VI-IV millennio a.C. circa), l’uomo occupa l’alta valle, sfruttando i territori collinari e di fondovalle di Marsiconuovo, Marsicovetere, Paterno e Viggiano.

Località Porcili (Viggiano, Potenza). Tomba a tumulo N. 145. Bronzo antico (foto E. Natali - Archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata) In queste aree sono documentati spazi abitativi con resti di capanne (buche da palo, fosse di combustione, incannucciata/intonaco, focolari, ecc.), resti di vasi d’argilla realizzati per contenere e conservare alimenti solidi, come il grano e l’orzo, e liquidi, come il latte e l’acqua, macine e pestelli di pietra utilizzati per la triturazione dei cereali, strumentario litico (selce e ossidiana) e di osso e resti faunistici quali residui di pasto e di macellazione sia di specie domesticate, che rimandano all’allevamento di animali (ovini e bovini), soggetti forse anche a brevi transumanze, sia di specie selvatiche, quindi ad attività di caccia.

Più rari gli spazi funerari, al momento documentati nell’alta valle solo da alcune sepolture a inumazione accompagnate da corredo ceramico e litico.

Il commercio con altre realtà culturali e geografiche è documentato dalla presenza di materiale non autoctono, come l’ossidiana, proveniente dalle Isole Eolie e/o dalla Calabria.

La religione neolitica, meglio nota da altri ambiti territoriali lucani (Melfese, Materano, media valle dell’Agri, area ionica) si basa sul culto alla fecondità della terra/uomo e ai cicli agrari con offerte di vegetali e/o sacrifici di animali. La Dea Madre, simbolo della fertilità, è rappresentata con idoli che raffigurano la donna con seno e bacino pronunciati. A credenze di fecondità rinviano, inoltre, i profili di volto umano, riprodotti sugli orli di vasi del Neolitico antico e medio, e le teste di animali (anatidi, arieti, tori, cani) applicate sulle anse dei vasi del Neolitico medio-avanzato della cultura di Serra d’Alto.


Località Porcili (Viggiano, Potenza). Corredo ceramico della tomba a tumulo N. 145. Bronzo antico (foto E. Natali - Archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata)L’inizio dell’età dei metalli (fine IV millennio a.C. circa) è segnato sia dall’arrivo di gruppi nomadi indoeuropei, che s’inseriscono nella società neolitica locale, sia, per convenzione, da un importante cambiamento economico e sociale: l’uso e la circolazione dei metalli. Lo sfruttamento dei minerali e l’adozione delle tecniche metallurgiche presuppongono conoscenze e specializzazioni artigianali più complesse che quelle impiegate per le altre attività di produzione. La ricerca dei giacimenti minerari, la lavorazione e lo scambio dei prodotti della metallurgia, hanno mutato progressivamente l’intero apparato socio-economico, con conseguenze importanti per le tecnologie di produzione e per la trasmissione di nuovi modelli cultuali.

Sito 4. Località Masseria Piccinini (Paterno, Potenza). Struttura 1. Bronzo medio avanzato, fase appenninica (foto A. Preite - Archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata) Nell’alta valle dell’Agri l’Eneolitico o Età del Rame (fine IV-fine III millennio a.C. circa) è conosciuto solo nella sua fase finale nei territori di Paterno e Viggiano, grazie ai resti di strutture abitative (buche da palo e focolari), materiali ceramici riconducibili a vasi di varie dimensioni, taluni con superfici decorate a “squame” e a “graticcio”, strumentario litico di selce e di ossidiana e di osso, resti faunistici quali residui di pasto. Si tratta di materiali che rimandano a gruppi umani semidentari con una struttura economica agro-pastorale e attività collaterali come la tessitura, testimoniata da utensili come la fuseruola d’impasto.

Nell’alta valle dell’Agri, al momento, non sono note strutture funerarie databili all’Eneolitico finale. L’esempio topograficamente più vicino è nella media valle dell’Agri, laddove è documentata la presenza di tumuli funerari, espressione dell’acquisizione di nuove credenze funerarie e simboliche, nonché indicatori di demarcazione dello spazio comunitario.

Area di frequentazione abitativa. Civita (Paterno, Potenza). Contenitori ceramici d’impasto fine con decorazione geometrica “appenninica”. Bronzo medio avanzato, fase appenninicaIl medesimo modello funerario si mantiene quasi inalterato nella successiva Età del bronzo (fine III-II millennio a.C. circa), ben documentata nell’alta valle dell’Agri. Nel territorio di Viggiano e di Marsicovetere, nel Bronzo antico e nel Bronzo medio iniziale sono attestate due necropoli con imponenti strutture a tumulo e ricchi corredi ceramici che documentano l’esistenza di comunità umane ben strutturate socialmente. Noti per queste fasi anche spazi abitativi di fondovalle organizzati con più strutture abitative.

Fenomeni d’incontri, scambi e socializzazione, favoriti dalle attività commerciali (scambio di prodotti, transumanza, ecc.), sono alla base dell’uniformità culturale che si delinea nell’alta valle dell’Agri durante la fase avanzata della media Età del bronzo, grazie all’affermarsi della cultura appenninica.

Durante questo periodo gruppi umani, socialmente ed economicamente ben strutturati, occupano sia le aree d’altura sia quelle di fondovalle strategicamente importanti.

Tomba N. 28. Località Valle Sorigliano (Tursi, Matera). Corredo femminile. Prima età del ferro (inizi VIII secolo a.C. - Archivio Fotografico Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata) Si tratta di comunità i cui resti indicano una particolare uniformità insediamentale e materiale nell’uso di forme vascolari, spesso decorate, in particolare quelle riferibili alla conservazione e la lavorazione del latte (olle, ollette, bollitoi, ciotole e tazze carenate con anse sormontate da sopraelevazioni, talvolta con foro centrale), suggerendo l’adozione di un’economia complessa che vede la pratica dell’agricoltura, dell’allevamento, della caccia, nonché dell’artigianato.

 

Tomba N. 28. Località Valle Sorigliano (Tursi, Matera). Ricostruzione della parure femminile. Prima età del ferro (inizi VIII secolo a.C. - Archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata)

L’evidenza topografica e l’entità archeologica suggeriscono che gli insediamenti d’altura e di fondovalle siano stati oggetto di frequentazioni stagionali, probabilmente collegate alle pratiche della transumanza estiva a breve e a medio raggio (fondovalle ↔ collina ↔ montagna). Non si esclude, però, che i siti d’altura, grazie alla loro posizione topografica, abbiano svolto un ruolo importante anche su un più lungo percorso, che dalla piana dell’Agri, risalendo verso ovest, attraverso i tanti agevoli valichi, conduceva verso il retrostante Vallo di Diano.

Le caratteristiche topografiche degli insediamenti d’altura, situati su acropoli naturali, facilmente difendibili, li pongono in posizione dominante sul territorio circostante e al centro di un fitto sistema di valli fluviali e di passi che mettevano in rapida e reciproca comunicazione i differenti territori. Aspetti ambientali che hanno contribuito, senza dubbio, allo svolgersi dei contatti materiali e culturali tra le comunità; contatti che nel corso di un momento avanzato della media Età del bronzo hanno reso possibile il costituirsi di un “areale culturale unico” tra gli insediamenti dell’alta valle del Sinni e quelli dell’alta valle dell’Agri. Area culturale che a sua volta rientrerebbe nel più ampio “areale culturale di gravitazione tirrenica”, costituito dalla Basilicata occidentale, dalla Campania costiera e insulare, dalla Calabria tirrenica e dalle Isole Eolie.

 

Le prime manifestazioni culturali dell'inizio dell'Età del ferro (I millennio a.C.) in Basilicata, sono il risultato di processi evolutivi già iniziati nelle fasi precedenti e influenzati da modelli culturali di derivazione illirico-balcanica. Le scelte insediamentali continuano a preferire le alture con possibilità di controllo del territorio e degli itinerari circostanti, che favoriscono rapporti culturali e attività economiche.

Nell’alta valle dell’Agri, l’inizio dell’Età del ferro è scarsamente documentato, mentre nella media e bassa valle del fiume si sviluppano realtà insediative di cultura enotria, conosciute soprattutto attraverso le ricche necropoli, spesso con continuità di vita tra X/IX e V secolo a.C.

 

 

 

 

 

 


Nota bibliografica

  • S. Bianco, L. Cataldo 1994, L’insediamento “appenninico” di Civita di Paterno (Potenza), Lavello.
  • S. Bianco, A. Preite, E. Natali 2010, Antropizzazione pre-protostorica dell’alta valle dell’Agri, in F. Tarlano (a cura di), Atti della Giornata di Studi “Il territorio grumentino e la valle dell’Agri nell’antichità, (Castello Sanseverino, 25 Aprile 2009, Grumento Nova, Potenza), Bologna, pp. 21-38.
  • F. Boenzi, R. Giura Longo1994, La Basilicata: i tempi, gli uomini, l’ambiente, Bari.
  • P. Bottini et alii 1997, Il Museo Archeologico Nazionale dell’Alta Val D’Agri, Lavello.
  • D. Adamesteanu 1999 (a cura di), 1. L’Antichità, in G. De Rosa, A. Cestaro 1999 (a cura di), Storia della Basilicata, Bari.

 


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