L'area sacra di San Marcodi Paola Bottini
L’area a Sud delle mura di Grumentum era già da tempo nota come sede di sepolture di epoca romana, e per essere attraversata tanto dall'acquedotto che riforniva la città, quanto da un tracciato viario che collegava il potentino e la Val d'Agri con la zona tirrenica della regione; la sua denominazione deriva da quella data localmente ai resti di una grande basilica a tre navate. Nel 1992, i sondaggi preliminari alla costruzione del nuovo museo, oltre a confermare la presenza di una necropoli in sincronia con il costituirsi dell'impianto urbano e a evidenziare una biforcazione dell'acquedotto, hanno messo in luce un deposito votivo risalente a epoca preromana. I materiali che ne facevano parte erano stati sepolti in una grande fossa di forma allungata; la copertura con pietre e frammenti laterizi, oltre che con terra, ha contribuito a limitare i danni prodotti dai lavori agricoli in epoca recente. Gli ex voto sono stati deposti su due livelli, e collocati, sembra, in modo non casuale: nella parte orientale della fossa prevalevano le statuette di tipo seduto, nella zona sud le statuette stanti, mentre i busti si concentravano per lo più al centro, e le ceramiche nella parte settentrionale. Nell'insieme, prevalgono comunque le terrecotte votive, quasi tutte di produzione locale; è assai significativa, rispetto alle offerte di molti santuari lucani, la consistente presenza di busti, che ritraggono tanto divinità femminili che offerenti, in dimensioni che vanno da quella miniaturistica alla grandezza naturale. Sono comunque molto più numerose le statuette, con una netta prevalenza di tipi femminili seduti, riprodotti con lievi variazioni nei dettagli. Il più diffuso in assoluto è una figura panneggiata, la cui struttura “a gradino” presuppone un trono o un seggio, che non viene però rappresentato; con la mano destra trattiene sul petto le pieghe del mantello, mentre la sinistra, appoggiata in grembo, stringe un frutto (o anche un piccolo animale); i capelli sono acconciati in una crocchia alta sul capo, e le orecchie sono adorne di orecchini. Una maggiore varietà di tipi si trova nelle figurine femminili stanti, alcune delle quali presentano una base, a plinto oppure circolare; è un esemplare unico la statuetta di offerente con porcellino e fiaccola, mentre ricorre in più esemplari una figura panneggiata che sorregge con il braccio sinistro un cesto di fiori. Un posto tutto particolare spetta però ad una figura che si distingue non soltanto per le sue dimensioni (non meno di 45 cm di altezza), ma anche per l’ampio movimento e la ricchezza del panneggio. Il lungo chitone, tipico della dea greca Artemide, e la pelle di animale che vi si sovrappone, caratteristica della dea tracia Bendis, inducono ad identificarla con la divinità in cui si fondono i caratteri di entrambe, presente in Basilicata – come in molti altri santuari magnogreci – col nome di Mefitis, e a ritenere che la statuetta fosse proprio il simulacro del culto prestato nell’area sacra di Grumentum. A definire i caratteri della figura divina contribuiscono anche dei medaglioni in terracotta, con protome femminile su una delle due facce. Il quadro dei prodotti fittili si completa con pochi altri oggetti, tra cui una matrice che serviva alla riproduzione di una patera umbilicata. Le ceramiche sono una presenza minoritaria in rapporto alla coroplastica: comprendono vasellame sia a vernice nera che acromo, mentre manca qualsiasi traccia di materiale figurato; i frammenti di tegami sono forse in relazione con l’offerta diretta di cibi. Si contano due soli esemplari di vasi miniaturistici; pochi anche i bruciaprofumi fittili, e così pure gli oggetti in metallo, in bronzo o in ferro. Le monete sono soltanto quattro, ma assai importanti per la datazione del deposito: una di Terina, in argento, è di un tipo che risale all’avanzato IV secolo a.C., mentre due monete in bronzo di Agatocle di Siracusa (con testa di Artemide sul diritto e fulmine alato sul rovescio) appartengono a una serie coniata non prima del 304 a.C. Il santuario campestre cui si riferisce il deposito, situato a poca distanza da alcune sorgenti d’acqua, era dunque dedicato a una dea rappresentata come Artemis-Bendis piuttosto che come Demetra/Kore, ma anche con alcuni caratteri propri di Afrodite, riassumendo in un’unica figura le funzioni di divinità comunque legate al ciclo produttivo e riproduttivo della natura. L'epoca di interramento dei doni votivi è senz'altro posteriore alla data delle due monete di Agatocle, ma – sulla base dei materiali nel loro complesso - non sembra oltrepassare la metà del III secolo a.C.: il momento, cioè, della nascita di Grumentum, e anche dell'inizio dell'uso dell'area di San Marco come necropoli.
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